Livorno. L’aggiudicazione del maxi-appalto per le dighe foranee della Darsena Europa è arrivata nell’ultimo mercoledì dell’anno, a cavallo fra Natale e San Silvestro, prima cioè che suonassero i rintocchi dell’ultima mezzanotte del 2021. Ma è questo – il 2022, cioè – l’anno che deve far decollare la svolta del porto di Livorno. La realizzazione delle nuove dighe di protezione a mare sono una svolta storica, se è vero che la Curvilinea è forse l’ultima grande opera dell’era granducale asburgo-lorenese a Livorno più di un secolo e mezzo fa e la strategia attuale è la prima espansione a mare del nostro porto che dunque sposta a ovest, verso il largo, le proprie barriere per difendersi dalla furia delle onde. Dunque, l’appalto per realizzarle (e per escavare più di 15 milioni di metri cubi dai fondali) è di per sé qualcosa che scriveremo nei libri di storia della nostra città. Tuttavia è solo metà della “mela”: il progetto della nuova maxi-Darsena per marciare ha bisogno anche dell’altra metà, a quanto è dato sapere è nei prossimi mesi che partirà il bando-bis che si occuperà di trovare sulla scena internazionale un investitore privato in grado di metter sul tavolo almeno 250 milioni di euro per entrare nell’affare e realizzare il nuovo terminal contenitori. Il primo round, quello già deciso, è una maxi-opera pubblica che ha un quadro economico da 450 milioni di euro e al presente vale come uno dei più importanti appalti infrastrutturali in questo campo quantomeno entro i confini del nostro Paese: il bando era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea, anche se poi alla fin fine il pool di imprese aggiudicatarie ha targa italiana. E fin qui siamo all’interno del perimetro di un appalto standard benché di grossa taglia: una stazione appaltante affida la realizzazione di un’opera pubblica e qualcuno la esegue. Il secondo passaggio, quello ancora in ballo, prevede che l’Authority scelga non un esecutore bensì un partner, anzi qualcosa di più: l’operatore che, in cambio di un grosso pacchetto di soldi, abbia l’affidamento per mezzo secolo del nuovo terminal contenitori. Anni fa, con il vecchio progetto il cui dimensionamento era obbligato dal fatto che tutto il materiale escavato avrebbe dovuto esser buttato in vasca di colmata e trasformato in piazzali, il susseguirsi di bandi aveva fatto flop: colpa anche del complicato intreccio nel passaggio di consegne fra pubblico e privato che creava intoppi al momento in cui il privato bussava alle porte delle banche per farsi finanziare. Le nuove regole sui dragaggi avevano consentito di ridurre il progetto senza tagliare granché del fronte banchina e della potenzialità di ricevere almeno 1,6 milioni di teu: il doppio rispetto allo standard attuale, ma non così fantascientifico (soprattutto se fosse possibile una fase pre-operativa già puntando a 1,1-1,2 milioni di teu, secondo una ipotesi saltata fuori a un certo punto).Da segnalare un altro (doppio) aspetto spesso sottovalutato. Il primo riguarda gli spazi in più: lo spostamento del terminal contenitori libererebbe ampi spazi in Darsena Toscana, che potrebbe essere destinata a nuovi traffici. Il mondo delle “autostrade del mare”, a cominciare da Grimaldi, non ha mai fatto mistero del proprio bisogno di nuove aree: al punto che è andato ad acquistarsele sul mercato privato, comprando l’ex fabbrica Trinseo (anche a costo di uno scontro frontale con l’Authority). Ma non c’è solo quello: anche il project cargo e anche gli operatori dei prodotti forestali li vorrebbero. Senza contare che nel puzzle delle aree c’è da mettere nel conto anche il fatto che da Confindustria arriva la suggestione di pensare a insediamenti industriali che abbiano nella connessione con l’affaccio a mare uno dei vantaggi competitivi. Nel frattempo, il primo dado è tratto: il provvedimento di aggiudicazione dell’appalto per la realizzazione delle opere marittime di difesa e dei dragaggi ha visto mercoledì 29 la firma del presidente dell’Authority Luciano Guerrieri in qualità di commissario straordinario (nominato dal governo prima ancora di sedersi alla scrivania di Palazzo Rosciano), dalla vicecommissaria Roberta Macii e dal responsabile tecnico dell’opera, ingegner Enrico Pribaz. Era stata presentata una sola offerta: la cordata aggiudicataria è composta da una controllata del colosso Fincantieri (la Infrastructure Opere Marittime) insieme a Società Italiana Dragaggi, Sales e Fincosit che hanno presentato un’offerta da 377,4 milioni di euro. Questa è l’espansione lato mare, ma c’è una crescenmte consapevolezza che i container restano lì se non ci sarà un efficiente sistema di smistamento lato terra. Ed è per questo che si stanno moltiplicando le riunioni con tecnici e dirigenti del gruppo Fs per arrivare a costruire un sistema che non lasci a metà il lavoro costruito sul versante del mare. Sono in corso le fasi preliminari dell’appalto per lo “scavalco” ferroviario che metterà in collegamento direttissimo porto e interporto, facendo di quest’ultimo la “banchina lunga” come retroporto. Di più: ci sono altri tasselli – come il bypass di Pisa e i raccordi fra l’interporto e la Pisa-Colle-Vada o l’allargamento delle gallerie appenniniche – che rappresentano il salto in avanti per far passare le merci dalla nave al treno e inviarlo a destinazione. Un balzo nel futuro che potrebbe significare una nuova stagione di sviluppo per il porto che verrà. MauroZucchelli
Fonte: Il Tirreno